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Europa Press
PIU DEL DENARO. IL BILANCIO A LUNGO TERMINE è IL FUTURO DELL’EUROPA
Febbraio 12, 2020
Economia / Europa Press / home
Il Parlamento darà il suo consenso solo a un bilancio di lungo termine che soddisfi le ambizioni dell’Unione Europea, poiché parlare di bilancio significa parlare del futuro dell’UE. Di redazione Cosi ha affermato la maggioranza dei deputati, durante il dibattito di mercoledì mattina sul finanziamento dell’UE per il 2021-2027 con Nikolina Brnjac, Segretario di Stato croato per gli Affari Esteri ed Europei, in rappresentanza del Consiglio, e la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Il dibattito precede il Consiglio europeo speciale UE del 20 febbraio, in cui gli Stati membri cercheranno di concordare una posizione comune appunto sul prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP). La maggior parte dei deputati ha insistito sul fatto che un finanziamento sufficiente è fondamentale per realizzare le ambizioni comuni, come la lotta al cambiamento climatico, la trasformazione digitale ed ecologica, e affrontare le conseguenze sociali di quest’ultima, e continuare a sostenere le regioni, le città, gli agricoltori, i giovani, i ricercatori e gli imprenditori. Attuare il Green Deal con un budget ridotto, ad esempio, significherebbe tagliare i fondi ad altri programmi UE di successo. Alcuni deputati hanno poi affermato che alcune politiche dell’UE devono essere valutate in modo più approfondito, e che è necessaria una maggiore disciplina di spesa. Infine, l’introduzione di nuove entrate (“Risorse proprie”) per l’UE e il collegamento del bilancio dell’UE al rispetto dello stato di diritto nei singoli paesi sono altri temi fondamentali sollevati durante il dibattito. Cliccare sui nomi per visualizzare le dichiarazioni individuali David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo Nikolina Brnjac, per la Presidenza croata Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea Manfred Weber (PPE, DE) Iratxe García Pérez (S&D, ES) Dacian Cioloş (Renew, RO) Marco Zanni (ID, IT) Philippe Lamberts (Verdi/ALE, BE) Raffaele Fitto (ECR, IT) Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL, EL) Johannes Hahn, Commissario europeo per il bilancio e l’amministrazione Nikolina Brnjac, per la Presidenza croata Tutto il dibattito…
IL FUTURO DELL’EUROPA:PARLA SASSOLI
Gennaio 31, 2020
Economia / Europa Press / home
Il Presidente David Sassoli, rispondendo alle domande dei giornalisti dopo le dichiarazioni dei tre Presidenti, ha detto: “Chiedetevi: perché tutti oggi vogliono dividerci? Perché con le regole si vive meglio e si difendono i più deboli. Dove non ci sono regole solo i più forti prevalgono. Forse chi vuole dividerci ha paura di un mondo regolato. In questo momento credo che in questa domanda e nella risposta che siamo in grado di dare c’è tutta l’importanza dell’UE. Non solo per noi ma per un mondo globale che deve trovare regole. Senza regole i più forti la faranno da padrone e i più deboli saranno esclusi. E questo l’Unione europea non lo vuole”. In seguito all’incontro di ieri in Francia, alla Casa di Jean Monnet, per riflettere sulle sfide future dell’Unione Europea, i presidenti David Sassoli, Charles Michel e Ursula von der Leyen sono intervenuti oggi al centro visitatori del Parlamentarium di Bruxelles. Il futuro dell’Europa: dichiarazione di David SASSOLI, Presidente del Parlamento europeo Il futuro dell’Europa: dichiarazione di Charles MICHEL, Presidente del Consiglio europeo Il futuro dell’Europa: dichiarazione di Ursula VON DER LEYEN, Presidente della Commissione europea Il recesso del Regno Unito segna un nuovo capitolo nella storia dell’Unione Europea e le dichiarazioni di oggi mirano a guardare avanti alle specifiche sfide interne ed esterne che dovranno essere affrontate negli anni a venire e a come coinvolgere maggiormente i cittadini, la società civile e i parlamenti nazionali nelle discussioni e nei processi decisionali che plasmeranno il futuro dell’Europa….
A STRASBURGO CONSEGNATO IL PREMIO LUX PER IL CINEMA
Novembre 27, 2019
Europa Press / European excellences / Parlamento Europeo / Uncategorized
Di redazione A vincere il prestigioso riconoscimento il film: Dio è donna e si chiama Petrunya”, di Teona Mitevska. “Non sempre è facile – ha dichiarato il Presidente David Sassoli – affrontare le complessità del nostro lavoro quotidiano senza cadere nei tecnicismi delle nostre attività parlamentari. Dobbiamo comunicare anche le emozioni, dobbiamo utilizzare nuovi linguaggi. E il Premio Lux è uno strumento straordinario per accompagnarci in questo terreno. Trattare di immigrazione, di diritto alla salute, di femminismo o di etica politica attraverso i film che il Premio Lux promuove, è un’opportunità che dobbiamo cogliere. Affrontare l’emergenza climatica, il nostro passato coloniale, o discutere del nostro modello di società tramite il cinema, è una sfida stimolante, da incoraggiare. Siamo l’unico Parlamento al mondo che conferisce un premio per il cinema. Cerchiamo di esserne orgogliosi.” Ha poi aggiunto: “voglio ripeterlo ancora una volta: del Premio Lux, il premio di questo nostro Parlamento, dei registi e autori che abbiamo avuto l’onore di conoscere, dobbiamo essere particolarmente fieri ed orgogliosi. Lunga vita alla libertà d’espressione, lunga vita al cinema europeo, lunga vita al Premio Lux”. “Dio è donna e si chiama Petrunya”, di Teona Mitevska, è una co-produzione di Nord Macedonia, Belgio, Slovenia, Croazia e Francia. Racconta la storia di una giovane donna disoccupata che vince la gara per recuperare la croce santa, una cerimonia ortodossa del giorno dell’Epifania. Improvvisamente, Petrunya ha accesso a una tradizione religiosa solitamente riservata agli uomini. Il film è visto come un contributo significativo alla lotta femminista contro le società conservatrici. Gli altri due film finalisti del Premio Lux di quest’anno sono: il documentario “Un mistero all’ONU” del regista danese Mads Brügger (Danimarca/Norvegia/Svezia/Belgio) e “Il Regno” di Rodrigo Sorogoyen, coprodotto in Spagna e Francia. Dopo la cerimonia di premiazione, alle 15.30, è prevista una conferenza stampa alla quale parteciperanno la vicepresidente del Parlamento europeo, Klara Dobrev (S&D, HU), la Presidente della commissione parlamentare cultura e istruzione, Sabine Verheyen (PPE, DE) e i registi dei tre film finalisti….
IL PARLAMENTO ELEGGE LA NUOVA COMMISSIONE DI URSULA VON DER LEYEN
Novembre 27, 2019
Economia / Europa Press / home
Di redazione. La nuova Commissione è stata approvata con 461 voti favorevoli, 157 contrari, 89 astensioni. Il collegio entrerà in carica il 1° dicembre per cinque anni. La rappresentanza femminile nella Commissione è la più alta di sempre: oltre alla Presidente eletta, l’attuale composizione della Commissione comprende 12 donne e 15 uomini.. Questa la composizione PARTITO POPOLARE EUROPEO (10) – Ursula von der Leyen (Presidente); – Valdis Dombrovskis (vicepresidente esecutivo per l’Economia al servizio delle persone); – Margaritis Schinas (vicepresidente per la Promozione del modo di vivere europeo); – Dubravka Suica (vicepresidente per la Democrazia e la demografia); – Johannes Hahn (Bilancio e amministrazione), Mariya Gabriel (Cultura, Innovazione e gioventù), Stèlla Kyriakìdou (Sanità), Phil Hogan (Commercio), Oliver Varhelyi (Vicinato e allargamento), Adina Valean (Trasporti). – SOCIALISTI E DEMOCRATICI(9) Frans Timmermans (vicepresidente esecutivo per il Clima); Josep Borrell (Alto rappresentante per la politica estera); Maros Sefcovic (vicepresidente per le relazioni inter-istituzionali); Jutta Urpilainen (Partnership internazionali); Paolo Gentiloni (Economia); Nicolas Schmit (Occupazione e diritti sociali); Helena Dalli (Uguaglianza); Elisa Ferreira (Coesione e riforme); Ylva Johansson (Affari interni). Margrethe Vestager (vicepresidente esecutivo per il Digitale e la concorrenza); Vera Jourovà (vicepresidente per i Valori e la trasparenza); Thierry Breton (Mercato Interno e industria); Didier Reynders (Giustizia); Kadri Simson (Energia); Janez Lenarcic (Gestione delle crisi). – CONSERVATORI E RIFORMATORI EUROPEI (1) Janusz Wojciechowski (Agricoltura) VERDI (1) Virginijus Sinkeviius (Ambiente, oceani e pesca). Durante il suo discorso, la Presidente eletta della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ribadito gli impegni assunti in Aula a luglio e quelli assunti dai commissari designati nel corso delle audizioni. Prima delle elezioni di mezzogiorno, i gruppi politici hanno tenuto delle brevi riunioni per decidere le loro intenzioni di voto, seguite dalle dichiarazioni dei loro leader in Plenaria.La nuova Commissione deve essere formalmente nominata dal Consiglio europeo. Il suo mandato quinquennale dovrebbe iniziare il 1° dicembre. “Siamo pronti – dice Von Der Leyen – ora sostenetemi. Mettiamoci a lavorare insieme per un nuovo inizio dell’Europa”. E la nuova Europa avrà la difesa dell’ambiente al vertice della sua agenda: “Prima l’Europa si muove e maggiori saranno i vantaggi per cittadini L’italiano Paolo Gentiloni, commissario incaricato agli Affari Economici: “Sarà un buon inizio”. E proprio a Gentiloni, la presidente dedica parole di grande incoraggiamento: “Credo in lui, farà bene”. E a proposito della necessità di dare nuovo sprint all’economia: “Bisogna dare tempo e spazio per permettere alle nostre economie di crescere. Dobbiamo usare tutta la flessibilità consentita dalle regole europee”. Clicca qui per l’elenco degli eletti della commissione designata: https://ec.europa.eu/commission/interim/commissioners-designate …
Domani il Parlamento voterà sulla Commissione europea 2019-2024
Novembre 26, 2019
Europa Press
A partire dalle 9:00, la Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presenterà la sua squadra di commissari designati (già selezionati dai membri del Parlamento europeo durante le recenti audizioni) e discuterà con il Parlamento gli obiettivi della nuova Commissione. Al termine del dibattito, ogni gruppo politico si riunirà per discutere brevemente le proprie intenzioni di voto.La votazione delle 12 sarà preceduta da un giro di interventi dei leader dei gruppi politici (in ordine inverso rispetto alle dimensioni dei loro gruppi).Il Presidente del Parlamento, David Sassoli, e la Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, terranno una conferenza stampa alle 13:30…
A STRASBURGO OLEG SENTSOV HA RICEVUTO IL PREMIO SACHAROV 2018
Novembre 26, 2019
Europa Press / European excellences
Di redazione Il vincitore del Premio Sacharov 2018, il regista ucraino e attivista per i diritti umani Oleg Sentsov, ha ricevuto il premio il 26 novembre a Strasburgo.Ha potuto finalmente accettare di persona il Premio Sacharov per la libertà di pensiero 2018 dopo essere stato rilasciato il 7 settembre 2019 come parte di un accordo di scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina. Sentsov era stato arrestato per aver protestato in Piazza Indipendenza a Kiev contro l’annessione della sua nativa Crimea alla Russia. Il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, consegnandogli il premio, ha dichiarato: “Lei è rimasto saldo nei suoi principi e nelle sue convinzioni e ha pagato per questo. Nessuno dovrebbe pagare un prezzo per la propria libertà”.Sassoli ha ricordato il coraggio di tutti coloro che non restano in silenzio quando i diritti umani vengono violati e che pagano a carissimo prezzo il proprio impegno: “Sentsov è stato rilasciato ma molti altri, fra cui giornalisti e blogger come Stanislav Aseyev, sono tuttora tenuti in ostaggio in Ucraina orientale. Chiediamo insieme che vengano liberati.” Nel ricevere il premio, Oleg Sentsov ha dichiarato: “è un grande onore e una grande responsabilità ricevere questo premio. Lo accetto non come un onore personale ma come un premio a tutti i prigionieri politici ucraini che sono passati dalle prigioni russe o che ci si trovano tuttora.” Sentsov ha elogiato l’UE e i suoi valori democratici e criticato le pratiche “militariste” della Russia. La storia di Oleg Sentsov Oleg Sentsov è un regista ucraino condannato a 20 anni di reclusione per “aver tramato atti terroristici” contro il governo de facto russo in Crimea. Amnesty International ha descritto il suo processo come “un processo ingiusto di fronte a un tribunale militare” Oleg Sentsov è diventato un simbolo per i circa 70 cittadini ucraini illegalmente arrestati e condannati a sentenze molto severe dalle forze di occupazione russE nella penisola di Crimea. Sentsov ha fatto uno sciopero della fame da metà maggio 2018 al 6 ottobre 2018, quando l’ha concluso sotto la minaccia di venire alimentato con la forza. Quando è stato finalmente liberato ha dichiarato: “Quando sei solo e non ti senti sostenuto è dura, ma io sapevo che le persone mi sostenevano e questo mi ha aiutato a essere forte. Vi ringrazio di questo sostegno” Ora che è un uomo libero, Oleg Sentsov chiede la liberazione degli altri prigionieri politici in Russia: “Non voglio guardare al passato, voglio guardare al presente e al futuro. Il problema ora sono gli altri prigionieri ancora dietro le sbarre.” Guarda il nostro video per scoprire di più su Oleg Sentsov. I finalisti del Premio Sacharov per la libertà di pensiero 2018 Scopri di più sugli altri finalisti dell’edizione 2018 del Premio Sacharov – le ONG che difendono i diritti umani e salvano le vite dei migranti nel Mediterraneo e Nasser Zefzafi, il leader di Hirak, un movimento di protesta di massa nella regione Rif nel nord del Marocco – in questo articolo. Più informazioni sul Premio Sacharov Il Premio Sacharov per la libertà di pensiero, così chiamato in onore del fisico e dissidente politico sovietico Andrei Sacharov, viene assegnato annualmente dal 1988 a persone e organizzazioni che difendono i diritti umani e le libertà fondamentali….
DOMANI AL SENATO NONA ASSISE DELLA SUSSIDIARIETA’
Novembre 21, 2019
Europa Press / News
Domani, venerdì 22 novembre sarà affrontato il punto sul ruolo delle autonomie locali e regionali nel rilancio del progetto europeo Roma. Il Comitato europeo delle Regioni e la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome organizzano , col patrocinio del Senato della Repubblica, la 9° Assise della Sussidiarietà, che farà il punto sul ruolo delle autonomie locali e regionali nel rilancio del progetto europeo, anche alla luce del caso italiano e della questione dell’ampliamento dell’autonomia regionale. Alle 11.30, nella Sala Caduti di Nassiriya, si terrà una conferenza stampa a cui interverranno: Roberto Ciambetti, Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome – Presidente del Consiglio regionale del Veneto; Karl-Heinz Lambertz, Presidente del Comitato europeo delle Regioni; Antonio Tajani, Presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento Europeo; Antonio De Poli, Questore del Senato della Repubblica Tra i relatori della Assise, in ordine di intervento, il Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, la Coordinatrice della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome e Presidente del Consiglio regionale della Campania, Rosa D’Amelio, il Ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola, la Senatrice Emma Bonino e il Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia. L’Assise della Sussidiarietà è una conferenza di alto livello organizzata ogni due anni dal Comitato europeo delle regioni per rafforzare la cooperazione inter-istituzionale nella verifica del rispetto del principio di sussidiarietà nell’UE e per promuovere una discussione aperta tra tutti gli attori coinvolti nel monitoraggio e nella messa in pratica della sussidiarietà in Europa….
PAOLO GENTILONI NOMINATO COMMISSARIO EUROPEO AGLI AFFARI ECONOMICI
Settembre 5, 2019
Economia / Europa Press
Nominato a Bruxelles l’ex premier. Gentiloni, 64 anni, si è detto orgoglioso dell’incarico ricevuto: «Amo l’Italia e l’Europa – ha scritto in un tweet . Ora al lavoro per una stagione migliore» A Gentiloni è stato assegnato il portafoglio dell’Economia. …
E SE ALLA FINE FOSSE KIM A TENERE SULLA CORDA IL TONANTE TRUMP?
Luglio 31, 2019
Europa Press
Gli ultimi due missili lanciati da Kim fanno parte della strategia, riveduta e corretta, dei piani nucleari del “Caro leader”, al secolo Kim Jong-Il, padre del sempre più ingombrante Kim attuale, il Jong-un, che mentre stupisce il mondo (altro che Ciccio Kim), affolla le notti insonni di Trump, in cerca del secondo mandato presidenziale. Dunque, le bombe atomiche di allora, non servivano alla Corea del Nord per fare la guerra, ma per accomodarsi a tavola. Nel senso che il ricatto nucleare le dava un potere contrattuale immenso per ottenere risorse e valuta pregiata, in cambio di una molto aleatoria volontà di pace. Che tradotto dal politichese, convertito in gergo camorristico, significa “o tu mi paghi il pizzo o io ti brucio la saracinesca”. Ma nell’ultima versione, la diplomazia di Pyongyang punta soprattutto alla sopravvivenza del regime. Costi quel che costi. Missili elettorali Così, un colpo al cerchio e uno alla botte, Kim Jong-Un, con una mano stringe quella del sempre più confuso Presidente americano e con l’altra invece preme bottoni e bottoncini in grado di sparare un assortimento di missili buono per tutte le stagioni. Breve, media, e lunga gittata, capaci di volare alternativamente sopra le teste dei sudcoreani e degli atterriti vicini nipponici o di arrivare in un non meglio precisato futur, ma sempre più prossimo, dalle parti di Malibù, spiaggia alla moda della California. Quindi, stiamo freschi. Chi si aspettava un improvviso attacco di istinti pacifisti e di dolci peana di volemose bene da parte di Kim, è stato servito di barba e capelli. L’altro giorno, tanto per mettere le cose in chiaro, il bizzoso ma scafato dittatore nordcoreano ha fatto sparare due missili ‘aperitivo’, per fare capire che i suoi cocktail possono arrivare in qualsiasi ora della giornata. Esercitazioni Usa-Seul Voleva mettere in chiaro una cosa: che gli americani e i sudcoreani non si creino illusioni e non facciano esercitazioni che gli stanno sullo stomaco. Perché lui è in grado, in qualsiasi momento, non solo di sparare tutti i fuochi d’artificio di Piedigrotta, ma anche, e questo è il punto chiave della situazione, di fare perdere le prossime elezioni presidenziali al suo “compare d’anello” (si fa per dire) Donald Trump. Al quale, quindi, conviene abbozzare e fare finta di niente, perché un razzo in più o uno in meno non cambiano gli scenari. Che restano, per così dire, “bollenti”. E di tutto ha bisogno la Casa Bianca, in questo momento, meno che di essere rosolata a fuoco lento sulla brace accesa e sapientemente rimescolata da Kim. Che sta battendo il ferro finché è caldo. È questo il momento di picchiare il martello sull’incudine, e di fare sganciare a Trump tutti i dobloni di cui la Corea del Nord ha bisogno. Piccoli missili grande avvertimento L’utilizzo di missili a corta gittata una sorta di avvertimento lanciato non tanto a Trump, quanto piuttosto ai suoi attuali adviser, a cominciare da John Bolton e dal Segretario di Stato Mike Pompeo. Kim è rimasto chiaramente irritato dallo svolgimento delle esercitazioni di Corea del Sud e Stati Uniti, specie dopo il simbolico incontro del mese scorso in cui il Presidente americano ha varcato, anche se per pochi metri, il confine con la Corea del Nord. Immagini satellitari mostrano che attorno ai siti nucleari di vecchia data si notano movimenti e attività che lasciano pensare come Kim insista nel suo progetto atomico nonostante gli impegni presi. Vecchia abitudine della dinastia nordcoreana quella di predicare bene e razzolare male. Ora che le elezioni per il rinnovo del mandato presidenziale si avvicinano, Kim ha capito di avere il coltello dalla parte del manico. Prossimi giri di valzer assicurati….
HORMUZ STRETTA VIA DEL PETROLIO, ROTTA PRINCIPALE VERSO LA GUERRA
Luglio 31, 2019
Europa Press
Di Piero Orteca Beh, ora forse qualcuno si veglierà prima che sia troppo tardi. Una petroliera britannica sequestrata dalle Guardie rivoluzionarie degli ayatollah, nei pressi dello Stretto di Hormuz. La “Stena Impero”, che era in rotta verso l’Arabia Saudita, è improvvisamente scomparsa per poi riapparire in un porto iraniano, quello di Bandar Abbas. La nave sarebbe stata assaltata da barchini armati “scortati” da un elicottero. A bordo ci sono 23 uomini di equipaggio. Appresa la notizia, il governo di Londra ha immediatamente riunito lo speciale comitato di crisi “Cobra”. Anche Trump ha violentemente protestato. Gli iraniani hanno emesso un laconico comunicato, per chiarire la presenza di “problemi” sulla “Stena”. In primis, secondo loro, il tanker viaggiava col sistema Gps chiuso. Aveva poi imboccato il “corridoio” sbagliato, scambiando l’entrata per la corsia di uscita dallo Stretto. Da ultimo, non avrebbe risposto ai ripetuti avvertimenti delle forze navali di Teheran. Falso allarme altra nave sequestrata Poco dopo è stato segnalato un secondo sequestro, quello della petroliera battente bandiera liberiana, la Mv Mesdar, di proprietà della Norbulk, compagnia con sede a Glasgow che come la Stena Impero doveva scaricare petrolio in Arabia Saudita. Secondo alcune ricostruzioni e i media iraniani, la Mesdar però sarebbe stata solamente fermata per un controllo, non sequestrata e avrebbe ripreso la navigazione, ma cambiando rotta. La tensione nello stretto di Hormuz arriva il giorno dopo l’annuncio, sempre da parte dei Pasdaran, del sequestro dell’emiratina Riah, accusata di contrabbando di petrolio, mentre Gibilterra ha prolungato oggi di un mese il fermo dell’iraniana Grace 1, che secondo gli inglesi trasportava petrolio di contrabbando verso la Siria. Botta e risposta con Londra e messaggio a Usa e sauditi: se non posso vendere il mio petrolio, neppure il vostro… La cosa potrebbe portare presto a un incremento dei premi assicurativi legati ai noli marittimi. E a un conseguente innalzamento del prezzo del greggio. Intanto, è ‘Guerra dei droni’ Il confronto Iran-Stati Uniti sta diventando un possibile paradigma di tutti i conflitti del futuro, di quelli, cioè, che potremmo definire come le “Guerre dei droni”. Velivoli senza pilota “per tutte le tasche”, che hanno compiti di osservazione, attacco e difesa e che limitano le perdite umane. “Pesando”, quindi, in misura più contenuta, su possibili (e devastanti) escalation. Ma andiamo al sodo. Ieri, sono arrivate due notizie dal teatro di crisi più bollente del pianeta. La prima è stata fornita direttamente dal Presidente americano Trump. Dunque, la nave d’assalto anfibia “Boxer” avrebbe abbattuto un “drone” iraniano che sorvolava lo Stretto di Hormuz. Il velivolo di Teheran si sarebbe avvicinato troppo (meno di mille yarde, cioè circa un chilometro) alla “Boxer”, rappresentando una minaccia. Secondo la Casa Bianca, l’abbattimento è avvenuto “dopo ripetuti avvertimenti”. Trump ha aggiunto che tutte le nazioni dovrebbero difendersi dai tentativi iraniani di “distruggere la libertà di navigazione nello Stretto di Hormuz”, cosa che mette a rischio il commercio globale. Drone nano e drone milionario L’incidente, però, per gli iraniani “non sarebbe mai avvenuto”. Teheran, in sostanza, smentisce. Nella sua ascoltatissima “Newshour”, la britannica BBC, comunque sia, analizza l’abbattimento del “drone”, rivelando alcuni aspetti di estremo interesse. Intanto, il velivolo di Teheran sarebbe stato una sorta di piccolo elicottero radiocomandato, governato da uno dei barchini dei “pasdaran”, che incrociava a circa 500 metri dalla “Boxer”. Com’è stato abbattuto il “drone faidate”? Qui sta il bello. Secondo la BBC, il “giocattolo” di Teheran sarebbe stato “accecato” da contromisure elettroniche, che lo avrebbero indotto… a tuffarsi in acqua. Notizia tutta da verificare. In termine tecnico si chiama “jamming” (fare marmellata delle frequenze radio, insomma) ed è un espediente utilizzato per confondere i radar nemici. Bene, pare proprio che la USS “Boxer” sia anche una nave “Sigint” ed “Elint”,, cioè specializzata nella raccolta di informazioni e nella guerra elettronica. Droni Usa sull’Iraq Certo, fa specie pensare che il “superdrone” americano abbattuto una decina di giorni fa costava un occhio (130 milioni di dollari e più), mentre quello degli ayatollah si può acquistare sulle… bancarelle o in un supermercato. L’incidente segue quello di alcuni giorni fa, che ha visto una piccola petroliera degli Emirati scomparire senza lasciare alcuna traccia. Per poi ricomparire in un porto iraniano, dopo un probabile arrembaggio delle Guardie Rivoluzionarie di Teheran. La seconda puntata della “Guerra dei droni” è avvenuta in Irak, dove un altro velivolo senza pilota (israeliano?) ha bombardato il quartier generale della 52ª Brigata della milizia pro-Teheran “Hash Shaabi”. L’attacco si è verificato nella provincia centrale di Salahudin. Secondo fonti locali, tre irakeni e due iraniani sarebbero rimasti feriti, ma ci sarebbero anche diversi morti. Commentatori sauditi aggiungono che il blitz ha colpito mentre era in corso un vertice tra ufficiali iraniani ed esponenti di Hezbollah….
L’ITALIA GUARDA CON ATTENZIONE A INIZIATIVA DEI TRE MARI
Luglio 31, 2019
Europa Press
L’Italia guarda con attenzione all’Iniziativa dei Tre Mari – piattaforma di cooperazione che coinvolge i paesi che si affacciano sul Mar Baltico, Mar Nero e Mar Adriatico – a cui e’ stata invitata ad aderire. Lo ha detto il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, nell’audizione sulla presidenza italiana dell’Iniziativa centro europea (Ince) oggi davanti alle commissioni congiunte Esteri di Senato e Camera. Secondo Moavero, l’Ince puo’ coltivare la “complementarieta’” con altre iniziative e organizzazioni internazionali. Moavero ha osservato che, se e’ vero che l’impegno di Varsavia nell’Iniziativa dei Tre Mari si puo’ leggere come “un eco” della grande Polonia unita con la Lituania e dei suoi interessi nel Mar Baltico, d’altra parte l’iniziativa e’ rivolta anche al Mediterraneo….
MACRON E LA GUERRA AI MARZIANI.COSA C’E’ VERAMENTE DIETRO
Luglio 20, 2019
Europa Press
Di Piero Orteca Annunciata la creazione di un Comando militare francese dello spazio. Ufficialmente servirà a proteggere i satelliti. La decisione suscita dubbi e perplessità, perché costa un occhio e arriva dopo quella sull’Armata cosmica di Trump. Nel gioco, pure Cina, India, Europa e Giappone. Cosa c’è veramente dietro? À la guerre comme à la guerre Macron e la guerra ai marziani… Cosa c’è veramente dietro? Finora aveva dichiarato guerra, in tutti gli angoli del condominio europeo (che ormai assomiglia a uno di quei vocianti cortili dei Quartieri spagnoli napoletani) solo all’Italia. Ora però, in preda a un attacco acuto di “napoleonite”, se la piglia pure coi marziani. O, almeno, questo è quanto scrivono nei blog sparsi per l’Esagono i suoi concittadini francesi. Alla parata militare in occasione della festa nazionale transalpina (14 luglio, presa della Bastiglia) il Presidente Emmanuel Macron ha annunciato, urbi et orbi, che la Francia si doterà di un “Commandement militaire de l’espace”, che dovrà proteggere i satelliti. Domandina facile facile: ma perché, negli ultimi trent’anni cosa hanno fatto a Parigi? Forse dormivano davanti ai televisori, nell’attesa che saltasse il segnale? E’ un annuncio che puzza. E vi spieghiamo il perché. Armate spaziali Già da qualche anno assistiamo a una straordinaria mobilitazione delle grandi potenze contro possibili “minacce esterne”, in arrivo dallo spazio. Non siamo né “complottisti” né “cospirazionisti”, ma qualche riflessione va fatta. Certo, il problema di salvaguardare i satelliti è reale. Ma contro chi? E qui sorgono i primi dubbi. Dalle “Guerre stellari” di Reagan fino alla creazione dell’Armata spaziale di Trump, pensata lo scorso dicembre, molta acqua è passata sotto i ponti. Programmi di questo tipo costano un accidente e assorbono fette rilevantissime del bilancio della difesa. Ergo: anzichè spendere e spandere ci si potrebbe mettere d’accordo tra i “Grandi”, fissando dei paletti facilmente verificabili ed evitando di svenarsi. Invece si assiste a una specie di corsa al telescopio più sofisticato (e ai laser più micidiali) perché ci si aspetta l’arrivo delle armate nemiche…. dalla stratosfera. O, forse, dallo spazio profondo. Guerre dallo spazio I “Grandi”. Cosa sanno e non ci dicono? Scriveva Agatha Christie che tre indizi fanno una prova. Bene, qui le tracce lasciate sulla sabbia dalle varie politiche di difesa sono quanto quelle di un elefante. Russi e americani hanno unito i loro sforzi “spaziali” già da tanti anni. Elaborando missioni in comune. Poi si sono accodati l’Europa (con un mare di fallimenti) e la Cina, con una spedizione sull’altra faccia della Luna, regione chiacchieratissima, per via di certe, chiamiamole così… “anomalie”. Pechino, nel frattempo, ha realizzato il più grande radiotelescopio del pianeta. Il “Fest”. A che serve? Beh, in Cina si sono candidamente lasciati scappare che loro cercano… gli alieni. Punto. E gli indiani che cercano? Glielo hanno chiesto in tanti, ma non si è ben capito. Stanno lanciando una missione pure loro (ma qualcosa non quadra), farfugliando di satelliti, raggi gamma e altre divagazioni astrofisiche assortite, che non hanno convinto proprio nessuno. Prohibitively expensive Ah, dimenticavamo. Nel mazzo è entrato di prepotenza anche il Giappone. Ma uno degli spunti da cui partire, per dipanare un filo logico, che leghi tutte queste trame “extraterrestri”, sono le dichiarazioni di Trump sulla sua “Armata spaziale”. Altro che otto miliardi di dollari, quelli sono noccioline. E se il New York Times definisce il piano “prohibitively expensive” (maledettamente costoso, tradotto all’osso), chi se ne intende parla di un trilione di dollari. Una botta. Oltre, naturalmente, alla necessità di avere una capacità tecnologica da film di fantascienza. All’epoca delle “Guerre stellari” di Reagan si cominciò a discutere, a mezza voce, di un’iniziativa assunta precipitosamente per mettersi in guardia di fronte a potenziali minacce “esterne”. Né sovietiche e manco cinesi, per capirci. Insomma, si parlò di alieni. C’è poco da scherzarci sopra. Extraterrestri Potremmo fare un elenco di personalità di grosso calibro coinvolte nel dibattito su ET da lunga pezza: da Einstein e Oppenheimer a Stephen Hawking, al Ministro della Difesa canadese Paul Hellyer. Fermandoci solo ai Presidenti Usa, la “desecretazione” di un catafascio di documenti “eyes only”, dalla Cia all’Fbi, ha confermato l’interesse di gente come Truman, Eisenhower, dello stesso Kennedy, di Gerald Ford, Ronald Reagan, Bill Clinton e, soprattutto, della moglie Hillary, che in campagna elettorale aveva promesso di far rivelare tutto quello che finora i vari governi americani hanno accuratamente coperto. Il capo di Gabinetto di Bill Clinton e Chief Strategist della campagna di Hillary, John Podesta, ha dichiarato di avere visto documenti sconvolgenti e si è battuto per renderli pubblici. Una conversazione tra Podesta e l’ex astronauta Edgar Mitchell, registrata, ha riguardato un tema ultrascottante. Guerra dei mondi Parliamo di ingegneria “inversa” di origine aliena. Cioè dischi volanti caduti sulla Terra e recuperati per essere studiati. Adesso, al caravanserraglio che sembra uscito da “La guerra dei mondi” di Orson Welles, si aggiunge anche Macron. Prendiamo per buone (per ora) le motivazioni di “protezione satellitare”. Anche perché, se disgraziatamente i marziani dovessero sapere che uno dei loro “avversari” è Macron, morirebbero in anticipo. Dalle risate. …
URSULA VON DER LEYEN ELETTA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA.
Luglio 16, 2019
Europa Press
Una donna Presidente della Commissione europea. Ursula von der Leyen è stata eletta con soli 383 voti a favore (su 733 votanti), la maggioranza necessaria prevista era di 374 voti.I deputati europei hanno votato a scrutinio segreto. “Mi sento molto onorata sono sopraffatta, – ha dichiarato la neo eletta – la fiducia che riponete in me la riponete nell’Europa, un’Europa forte e unita da est a ovest, da nord a sud, pronta a combattere per il futuro invece che contro sé stessa. Il compito che dovrò affrontare pesa su di me ed il mio lavoro comincia adesso”. …
PARLAMENTO EUROPEO DAVID SASSOLI ELETTO NUOVO PRESIDENTE
Luglio 3, 2019
Europa Press
David Sassoli, candidato ufficiale dei Socialisti e democratici sostenuto anche dal Ppe, è stato eletto presidente del Parlamento europeo durante la seduta plenaria a Strasburgo con 345 voti. La sua elezione è stata annunciata a Montecitorio dal deputato dem Emanuele Fiano ed è stata accolta con un lungo applauso dell’Aula. Solo il Pd, tra i partiti italiani, ha votato Sassoli. Forza Italia si è astenuta. La Lega e Fdi hanno votato per Jan Zahradil (Conservatori Ecr). Il Movimento 5 Stelle ha invece lasciato libertà di coscienza….
FAKE NEWS SOTTO ELEZIONI EUROPEE: CHIUSE PAGINE FACEBOOK DA MEZZO MILIARDO DI VISUALIZZAZIONI
Maggio 22, 2019
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Redazione False notizie spopolano sulla rete con l’obiettivo di influenzare le politiche europee. Su segnalazione della Ong, internazionale Avaaz, sono state chiuse 77 pagine e gruppi sulla nota piattaforma Facebook. Si tratta di profili usati “come delle armi” dai partiti che sono solo la «punta dell’iceberg», come sottolinea la fonte non governativa. «Solo il 20% delle reti segnalate» perché diffondono notizie false e contenuti che incitano all’odio sono state chiuse.L’obiettivo era l diffusione di contenuti deviati dalla realtà. Sono state segnalate dagli attivisti, 550 pagine , 328 profili seguiti da circa 32 milioni di persone. Quest’operazione ha consentito di ottenere 67,4 milioni di interazioni (commenti, condivisioni o semplici “like”) negli ultimi tre mesi. …
RETROSCENA INTERNAZIONALE: RINGHIO BOLTON MORDI IRAN, CASA BIANCA CAOS
Maggio 22, 2019
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Di Piero Orteca. John Bolton, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa ha ispirato il piano per la Terza Guerra del Golfo. Il New York Times rivela tutti i retroscena relativi all’invio in caso di necessità di un’armata di ben 120 mila uomini in Medio Oriente. La notizia è stata fatta “filtrare” ad arte? Gli alleati europei hanno manifestato tutto il loro sconcerto a Mike Pompeo. Si mette male anche nello Yemen . Golfo Persico: anche se negli ultimi giorni sulle tensioni dei giorni scorsi sembra calato un muro di silenzio, il fuoco cova sotto la cenere. Pronto a divampare in qualsiasi momento. Il confronto tra Iran e Stati Uniti (spalleggiati da Israele, Arabia Saudita ed Emirati) è più aspro che mai e, assieme alle diplomazie, ormai si muovono anche gli Stati maggiori. Il New York Times ha letto le carte del Pentagono e ha rivelato che il Ministro della Difesa facente funzione, Partrick Shanahan, ha presentato una proposta “tranchant”: se gli ayatollah dovessero attaccare “o proseguire nel loro programma di arricchimento dell’uranio” bisognerà spedire in Medio Oriente un’armata di 120 mila uomini. Insomma, un altro Vietnam o un’altra Corea, fate voi. Granguignol ‘Baffone John’ Pare che l’artefice di codesta bella pensata abbia un nome e cognome precisi: John Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, di mestiere “superfalco”, tutto becco e artigli, e che con l’Iran sembra avere un risentimento personale, covato da lunga pezza. Ci crediate o no, Bolton ha già cercato di fare la festa agli ayatollah al tempo che fu, quando Bush-figlio, alla Casa Bianca, andava cercando in tutti gli angoli del condominio nemici da liquidare. Ebbene, manco il bellicoso Bush accettò di seguire i piani alquanto granguignoleschi di “Baffone John”. Evidentemente giudicati fin troppo estremistici. Il che è tutto dire. Tra le altre cose, non sappiamo cosa ne penserà il neo-isolazionista Trump, che per questioni di borsellino ha già deciso di sbaraccare dall’Afghanistan e dalla Siria. Iran, Casa Bianca caos Una cosa però è sicura: al New York Times sono certi che, per ora, durante i briefing sul Medio Oriente allo Studio Ovale, piatti e stracci volino ad altezza d’uomo. Esisterebbero infatti (e non è una novità) notevoli divergenze dentro l’Amministrazione repubblicana sull’atteggiamento da assumere con l’Iran. Ci sarebbe un “partito” che spinge per una soluzione diplomatica. Anche perché, a dirla tutta, lo strappo è stato provocato unilateralmente proprio dagli Stati Uniti. E sembra più una scusa per provocare una rissa da parte dei bulli di quartiere, che un vero e proprio piano politico-strategico. Se andate a chiedere in giro per l’Europa, nelle Cancellerie tutti hanno le mani ai capelli: nessuno si sa spiegare la logica della politica estera americana, che sembra fatta apposta per provocare disastri. Alle prese col ‘matto’ Lo hanno detto in tutte le salse al Segretario di Stato Mike Pompeo. Durante la sua recente visita nel Vecchio Continente. Occhio, lo hanno avvertito, perché a scherzare col fuoco ci si può bruciare. Specialmente quando si creano situazioni di tensione che si taglia col coltello e quando più facile diventa restare vittime di incidenti nella “catena di comando”. Significa che, se a qualche sottoposto scivola il piede, con un atteggiamento da “realista più del re”, gli eventuali colpi di testa (magari un missile lanciato inavvertitamente) potrebbero essere la base di partenza per una escalation incontrollabile. Il New York Times ha sentito, in condizioni di anonimato, sei alti ufficiali responsabili della sicurezza nazionale Usa. Troppo Bolton stroppia Tutti erano “scioccati” dalle cifre che circolavano e da possibili strategie che contraddicono i più recenti annunci della Casa Bianca sul Medio Oriente. Uno di loro ha commentato che un corpo di spedizione di 120 mila uomini equivarrebbe a fare una terza Guerra del Golfo. Sono numeri visti solo in occasione dell’invasione dell’Irak nel 2003. Shanahan e il Capo di Stato maggiore, generale Dunford Jr., hanno declinato l’invito dell’autorevole giornale nuovayorkese a esprimere il loro punto di vista. Comunque, si è saputo che il piano di Bolton non prevede un’invasione dell’Iran. Sarebbe una mossa azzardata e ritenuta fin troppo pericolosa. E allora? Probabilmente uno spiegamento così faraonico di forze potrebbe essere legato alla necessità di spartirsi i pani e i pesci in Siria (coi russi) e all’esigenza di garantire la sicurezza di Israele e dell’Arabia Saudita. Provocazioni a rischio inciampo E qua torniamo alla “madre” di tutti gli incubi. La possibile chiusura dello Stretto di Hormuz e la crisi dei prezzi dell’energia, petrolio in primis, ma anche gas. Qualcuno azzarda l’ipotesi che le cifre filtrate siano un mezzo di dissuasione nei confronti degli ayatollah. Possibile. Alcuni analisti scommettono sul fatto che gli annunci di “ritirata strategica” fatti da Trump, fra novembre e dicembre scorsi, abbiano convinto gli iraniani ad alzare il piatto della risicatissima partita di poker che stanno giocando con gli Stati Uniti. E intanto si complica un’altra guerra “per procura”: quella nello Yemen. I negoziati tra i lealisti e i ribelli sciiti Houthis sono falliti. In Giordania si discuteva sul controllo del porto di Hudayda. Evidentemente gli odii sono più forti dei possibili interessi comuni. Oppure i rispettivi “padrini” (Arabia Saudita e Iran) sono ormai entrati in una irreversibile rotta di collisione….
Lorenzo Cesa: contro il traffico di essere umani
Maggio 21, 2019
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Siamo contro il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Serve la RIFORMA del regolamento di DUBLINO: un sistema di asilo Ue in cui tutti i Paesi facciano la propria parte. Gli obblighi umanitari devono conciliarsi con la sicurezza dell’Europa! L’Italia non va lasciata da sola!…
CESA:UNIRE LE FORZE DEL PARTITO POPOLARE EUROPEO SOTTO UN’UNICA SIGLA.
Maggio 21, 2019
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Bisogna sostenere i partiti ha dichiarato Lorenzo Cesa pro Europa e sconfiggere il populismo imperante che sta dilagando in tutto il continente. La scelta di correre con Forza Italia per cambiare l’Europa è nata dalla necessità di unire le forze del Partito Popolare Europeo sotto un’unica sigla. Pochi sanno che più del 70% delle leggi che approviamo in Italia derivano da direttive europee, che incidono in positivo nel nostro Paese.Torniamo protagonisti in Europa! Lo Ha dichiarato Lorenzo Cesa candidato di Forza Italia per cambiare l’Europa….
MARCHE IN TESTA: RAGGIUNGO L’OBIETTIVO DELLA SPESA PREVISTO DALL’UE
Maggio 17, 2019
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Le Marche hanno già raggiunto l’obiettivo di spesa del 2019 previsto dall’Unione europea per il Por Fesr 2014/2020. Il target prescritto, tecnicamente definito come ”n+3”, riguarda la spesa certificata (una sorta di rendicontazione alla Commissione Ue per non perdere il finanziamento comunitario e il cofinanziamento nazionale) da conseguire entro l’anno: traguardo raggiunto dalle Marche, lo scorso 15 maggio, con sette mesi e mezzo di anticipo rispetto a quanto richiesto. L’obiettivo era stato centrato anche nel 2018: a fronte di un limite di 46,8 milioni di euro, era stata rendicontata una spesa complessiva di 61,3 milioni. Nel corso dei primi mesi del 2019 è proseguita l’accelerazione avviata lo scorso anno, conseguendo l’obiettivo di programmazione stabilito da Bruxelles, pari a 75,4 milioni. ”È un risultato importante che va sottolineato – ha detto il presidente Luca Ceriscioli – I 75,4 milioni rappresentano la capacità del nostro territorio, delle nostre strutture, di spendere positivamente i fondi europei. È un obiettivo sul quale l’Italia fa sempre fatica a distinguersi. Se una Regione invece, dopo pochi mesi, già guarda all’obiettivo 2020 e lavora su un’altra prospettive, è un esempio di grande efficienza, di grande capacità di trasformazione di questi fondi in un’opportunità di crescite e sviluppo”. Oltre all’importo raggiunto, ha evidenziato l’assessora alle Politiche comunitarie, Manuela Bora, ”va sottolineata la qualità della spesa certificata. Circa la metà è stata raggiunta grazie all’investimento in ricerca e innovazione, circa il 30 per cento, invece, con progetti che riguardano Made in Italy e internazionalizzazione e un 18 per cento anche per i primi investimenti nelle zone del cratere con i fondi sisma. Il raggiungimento dell’obiettivo testimonia quanto la nostra regione abbia bisogno di Europa che è sinonimo di opportunità per il nostro territorio”. (AdnKronos)…
A RISCHIO L’AUMENTO DI PREZZO DEL GREGGIO.LO SCENARIO
Maggio 15, 2019
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Di Piero Orteca. L’Arabia Saudita denuncia attacco con droni contro uno dei suoi oleodotti diretti verso l’Europa. Attacco rivendicato dai ribelli Huthi in Yemen. Armi iraniane denuncia Israele.Copione’B-team’ anti Iran, denuncia il ministro degli esteri Zarif: Bolton, Ben Netanyahu, Bin Salman e Bin Zayed. La diplomazia si muove, ma se sarà guerra il prezzo del greggio potrebbe esplodere. Questa volta chi cerca di tranciare le “giugulari” petrolifere del Golfo Persico ha colpito via terra. Dopo i sabotaggi a ben 4 navi, a poca distanza dall’imboccatura dello Stretto di Hormuz, ieri sono stati utilizzati dei sofisticatissimi “droni” esplosivi per colpire due oleodotti: il “New Fujairah “Pipeline” e il “Saudi East-West Pipeline”. Occhio, perché entrambe le condotte sono state pensate proprio per “aggirare” la possibile chiusura di Hormuz da parte degli iraniani. Che dopo l’inasprimento delle sanzioni Usa per l’affaire del nucleare, hanno dissotterrato l’ascia di guerra.A questo proposito va chiarito che il sabotaggio di domenica mattina, come riferiscono fonti dei servizi segreti israeliani, ha colto tutti di sorpresa, perché attuato davanti al porto di al-Fujairah, nel Golfo di Oman. Quindi appena fuori dallo Stretto. Una mossa che nessuno si aspettava, anche se un cancello può essere sbarrato dall’esterno e non solo dall’interno. Il terminale petrolifero degli Emirati, infatti, si trova oltre l’imboccatura di Hormuz. Ma, di fatto, non cambia niente. I servizi di intelligence americani sono convinti che chi ha colpito abbia voluto dimostrare di poter “sigillare” Hormuz anche indirettamente. Dove meno te lo aspetti.Sempre da Gerusalemme, le solite “fonti bene informate” (che hanno tutto l’interesse a gettare taniche di kerosene sul fuoco) fanno sapere che a colpire le navi con esplosivi, partendo da barchini-pirata, sarebbero state unità speciali delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane. Anche la Cia sembra convinta di codesta “manina”, ma i fatti dicono che manca ancora la “pistola fumante”. Niente prove, insomma. Solo illazioni e congetture, che non bastano a scatenare una rappresaglia. Anche perché il sabotaggio ha fatto fessi tutti gli 007 che operano nella regione, a cominciare proprio dalle barbe-finte di Trump, per finire agli spioni del Mossad di Netanyahu. Chi ha preso lo schiaffo ora medita. E dice che, con l’attacco condotto dai “droni”, chi ha colpito ha voluto dimostrare che ci sono molti modi per “strangolare” Hormuz. Il Ministro dell’Energia saudita, Khalid al-Falih, denunciando “l’atto terroristico”, ha detto che i danni inflitti a due stazioni di pompaggio della Saudi Aramco, ad Afif e Dawadmi, “sono stati limitati”. Anche se per ora il flusso di greggio è stato interrotto, La pipeline collega i giacimenti petroliferi che si affacciano sul Golfo al porto di Yanbu, sul Mar Rosso. Comunque, la vera (inquietante) novità dell’attacco di ieri, è che ad agire, utilizzando “droni” iraniani, sarebbero stati i ribelli yemeniti Houthis, sciiti fino al midollo e “sponsorizzati” da Teheran. Gli ordigni caricati sui “droni” sono già stati usati dalle milizie yemenite lo scorso dicembre, quando fecero una strage di ufficiali e soldati sauditi durante una parata militare. Adesso il “messaggio ” di Khamenei sembra ancora più chiaro di quello di domenica: siamo in grado di fare danni, molti danni, all’economia del pianeta. Il “bollettino” ai naviganti (mare molto agitato, che promette burrasca) è stato comunque raccolto. Di gran corsa. Una volta si diceva “morire per Danzica”. Oggi invece gli “eroi” scarseggiano e abbondano invece coloro che, saggiamente, badano prima di tutto ai chiari di luna in casa propria. Ergo: la diplomazia si è data una mossa per raffreddare i bollenti spiriti di Trump. Il Ministro degli Esteri inglese, Jeremy Hunt, ha detto che quella che ci sta cadendo sul groppone è una crisi da manicomio. Mentre Pompeo (non il Grande e manco Sesto, ma più modestamente Mike) incontrerà Putin, per mettere una pezza alle foie guerrafondaie del suo “Principale”, che sovvertendo i proverbi cento ne pensa e una ne fa. E la sbaglia pure….
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