Legalità LegalitàTERRA DEI FUOCHI: ALESSANDRO MAGNO RICORDA IL COLLEGA MANCINI MORTO NELLA RICERCA DELLA VERITA’Dicembre 20, 2020costume e società / home / legalita'Di Redazione. La Terra dei Fuochi una “storia presente” per non dimenticare la tutela del nostro patrimonio. Enrica Ferrazza la capo fuoco della Branca R/S del gruppo scout Agesci Roma 108, ha organizzato nei locali della parrocchia Immacolata e San Vincenzo De Paoli l’incontro con l’ispettore Alessandro Magno, erede della testimonianza investigativa di Roberto Mancini. L’iniziativa rientra nell’ambito del capitolo “Uomo, donna e ambiente, non restiamo a guardare”, che ha coinvolto il clan/fuoco e noviziato (Branca R/S), formato da ragazzi (17 e i 21 anni), che abitano in un quartiere di periferia Tor Sapienza. L’iniziativa come ha spiegato Enrica Ferrazza è stata progetta seguendo una serie di step che sono stati sviluppati secondo la metodologia: vedere-giudicare- agire. “L’obiettivo – ha dichiarato Ferrazza – è accrescere il senso civico nelle nuove generazioni con il fine di maturare una coscienza critica, per effettuare scelte libere nell’assunzioni di responsabilità concrete”. Uno dei temi scelti è proprio la promozione della sostenibilità ambientale. Portando la conoscenza della realtà campana dimenticata e trascurata, potranno essere sensibilizzati i giovani sul risanamento e l’importanza della tutela ambientale”. Proprio in quest’ambito è stato organizzato l’incontro con il poliziotto Assistente Capo Coordinatore Alessandro Magno, suo stretto collaboratore che ha ricordato la figura dell’investigatore, che ha condotto l’indagine di mafia sulla terra dei fuochi. Roberto Mancini morì di tumore il 30 aprile 2014, dopo aver indagato per anni sui traffici illeciti dei rifiuti, che hanno avvelenato la terra campana, che va dal Garigliano al Vesuvio. Un uomo che ha sacrificato la sua vita per la giustizia e amore della verità. Mancini ha infatti contratto la malattia durante le indagini, per la lunga esposizione nei siti inquinati. Insieme alla sua squadra, porto’ avanti il suo lavoro sperando in un paese migliore, combattendo con ogni mezzo le barbarie della Camorra e di ogni criminalità. La sua storia, il suo significato ed il suo valore sono oggi custoditi nella memoria di un poliziotto, ed anche un uomo, dai grandi ideali, che ha fatto del suo mestiere la sua ragione di vita. Magno, che vive con onore e senso di appartenenza alla Nazione, ha voluto ricordare il collega e le indagini sull’Ecomafia Italiana. “Dobbiamo ricordare che – ha dichiarato il dott.re Alessandro Magno – La Terra non è un’eredità ricevuta dai nostri Padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli. Siamo noi che apparteniamo alla terra e non viceversa. Noi e la terra siamo interdipendenti. La storia di Roberto Mancini deve essere un esempio per i giovani. A voi, nuove generazioni, che dire? Non dimenticate la storia, camminate tutti sulle vostre gambe. Uniti nel nome della legalità, nel rispetto delle regole e nella tutela del bene comune, possiamo contribuire a costruire insieme un’pezzetto dell’ Italia di domani” ... “SENZA GIUSTIZIA NON C’È DEMOCRAZIA”: A ROMA LA PRESENTAZIONE DE “LA VERITA NEGATA”.Dicembre 16, 2020costume e società / Cultura e Turismo / home / legalita'“Se non c ‘è Giustizia non c’è Democrazia. Dove non c’è Democrazia non c’è Vangelo”: con queste parole Padre Vincenzo D’Adamo, Rettore della Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio a Roma, accoglie la presentazione del libro “La Verità Negata”, il volume-denuncia per far luce sulla morte del sindaco pescatore Angelo Vassallo a dieci anni dall’omicidio, sottolineando la “vicinanza della Chiesa con la C maiuscola” nella ricerca della verità. “Un luogo simbolo, la chiesa di Sant’Ignazio” secondo Dario Vassallo, fratello del Sindaco Pescatore e Presidente della Fondazione Vassallo, sito a pochi metri dalla sede della commissione antimafia presieduta da Nicola Morra: “L’aria buona sprona a cercare la verità. Spero sia un passaggio importante affinchè si arrivi alla giustizia”. Dall’altare maggiore, in una solennità quasi liturgica, la vicenda del Sindaco Pescatore viene svelata al pubblico: dieci anni di silenzi, omertà, depistaggi sotto l’ombra inquietante di istituzioni deviate, da quel lontano 5 settembre 2010, quando il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, 56 anni, viene trucidato con nove colpi di pistola, mentre rientra a casa a bordo della sua auto. Con lui, muore il sogno di un territorio libero dalla criminalità organizzata, dal traffico di stupefacenti, dagli abusi edilizi. È il racconto della ricerca della verità tra piccole o grandi corruzioni che attanagliano il nostro Paese e il Meridione d’Italia, ma è anche la narrazione di un’Italia che resiste e non si arrende, svilita e spesso delusa dalle istituzioni stesse, ma combattente e ferma nel portare avanti i valori per cui uomini onesti come Angelo Vassallo hanno dato la vita. Un omicidio del quale, a dieci anni di distanza, tra ipotesi investigative e presunti depistaggi, ancora non si conoscono i nomi di mandanti ed esecutori e sul quale proseguono le indagini della Procura della Repubblica di Salerno. La platea in silenzio religioso, protesa all’ascolto di quei 10 anni di lotte per la ricostruzione della verità, con piccoli frammenti come tasselli di un puzzle che si ricompone, scavando a piene mani nel torbido, restando spesso impantanato nel fango delle bugie, dei voltafaccia, dei tradimenti. Le voci risuonano attraverso le volte barocche e la magnificenza delle architetture. La sacralità del luogo diventa, così, metafora della “sacralità del dolore”, di quel calvario verso la verità, per rendere consapevoli dell’atroce realtà. L’INTRODUZIONE. A fare da introduzione la lettura di alcune pagine a cura dell’attore Ettore Bassi, protagonista del monologo tratto dal primo libro “Il Sindaco Pescatore”. “Lo spettacolo, la storia che porto in scena, ha avuto un impatto molto forte dal primo momento, su di me innanzitutto – sottolinea Bassi – Ho sentito l’urgenza di portarla in scena affinchè fosse conosciuta e diffusa il più possibile. Ho percepito lo spessore dei valori che racchiude in sé e nella sua tragicità. Allo stesso tempo è la narrazione di un ottimismo possibile che, spesso, un destino tragico aggiunge all’umanità. Questo valore ho valuto caricarlo nel mio lavoro e trasmetterlo agli altri. Per me ha significato raccogliere una responsabilità grande: riuscire a trasmettere efficacemente quello che Angelo rappresenta ancora oggi e che ha portato nella sua vita, nel suo lavoro, nella sua comunità. Dopo tanti anni, essere ancora qui ad aspettare un esito, rende questa storia e il lavoro che stiamo facendo ancora più urgente, ancora più necessario. Noi non ci fermiamo. È importante essere qua oggi e testimoniare”. Firme illustri a livello nazionale hanno accolto l’appello alla presentazione del libro scritto da Dario Vassallo con il co-autore e giornalista de Il Fatto Quotidiano, Vincenzo Iurillo. Marco Lillo, vice direttore de Il Fatto Quotidiano, ripercorre con tanto di documentazione giudiziaria i numerosi colpi di scena e i fatti susseguitisi durante lo svolgimento dei processi. Un dialogo intenso con il direttore de “Il Messaggero” Massimo Martinelli, del vice direttore de “Il Fatto Quotidiano” Marco Lillo, della giornalista dell’HuffPost Federica Olivo, dello scrittore e drammaturgo Edoardo Erba, con la moderazione dell’agente letterario Gianluca Zanella. Ad accomunare tutti gli interventi è la determinazione di non arrendersi, di continuare a cercare verità e giustizia, entrambi valori guida dell’azione politica e civile di Angelo Vassallo. Una coraggiosa lotta per conseguire un obiettivo che, secondo la nostra Carta Costituzionale, dovrebbe essere la normalità. Verità e giustizia per la morte di un servitore dello Stato, prima ancora che di un fratello pescatore, per un processo che non deve estinguersi per intervenuta prescrizione, così come non deve cadere nel vuoto una vicenda che merita di essere spiegata, raccontata e divulgata, per infondere giustizia e dedizione all’onestà negli animi delle future generazioni. “È un passaggio obbligato la presentazione a Roma è il centro della cultura, ma è anche il centro dove si può trovare la verità – insiste Dario Vassallo – Noi la cerchiamo in ogni parte di questo Paese partendo da Acciaroli, ma serve la volontà, soprattutto delle istituzioni romane. Attraverso il blog della Fondazione Vassallo “Sconzajuoco” noi proviamo a rompere il gioco, a scuotere le coscienze di chi in questi anni ha dormito completamente”. E, dopo una notte insonne che ha fatto seguito alla presentazione capitolina, l’annuncio social che da “La Verità Negata” nascerà il sequel “Miserabili”: “Le più belle parole non sono quelle che si dicono ma quelle che si ascoltano – afferma Dario Vassallo – Questa notte, alle due, mi sono alzato e ho deciso di scrivere la continuazione de “La verità negata”. Parto dal titolo “Miserabili”. Così, all’improvviso si sono susseguiti uomini, immagini, storie e il manoscritto ha preso forma”.... OMICIDIO VASSALLO: PRESENTAZIONE DEL LIBRO “LA VERITA’ NEGATA”Dicembre 10, 2020costume e società / home / legalita'Di Redazione Lunedì 14 dicembre 2020 alle ore 16, in Piazza Sant’Ignazio, presso la Chiesa di Sant’Ignazio, a Roma, si svolgerà la presentazione romana del libro “La Verità Negata”. A dieci anni dall’omicidio di Angelo Vassallo un volume-denuncia per far luce sulla morte del Sindaco Pescatore. Dieci anni di silenzi, omertà, depistaggi sotto l’ombra inquietante di istituzioni deviate, da quel lontano 5 settembre 2010, quando il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, viene ammazzato con nove colpi di pistola. Con lui, muore il sogno di un territorio libero dalla criminalità organizzata, dal traffico di stupefacenti, dagli abusi edilizi. Libro presentato in anteprima nazionale lo scorso 5 settembre in occasione del decennale in un luogo simbolo, il Porto di Acciaroli, e che a Roma aprirà nuovi squarci e nuovi orizzonti, attraverso il confronto con l’attore Ettore Bassi, protagonista in passato dello spettacolo teatrale “Il sindaco pescatore”, monologo ispirato alla figura di Angelo Vassallo, modello di rigore e rispetto delle leggi nel tentativo di preservare la bellezza di uno dei luoghi più incantevoli del Cilento. Un dialogo denso partendo dal libro “La Verità Negata” arricchito dalla presenza del direttore de “Il Messaggero” Massimo Martinelli, del vice direttore de “Il Fatto Quotidiano” Marco Lillo, della giornalista dell’ “HuffPost” Federica Olivo, dello scrittore e drammaturgo Edoardo Erba, che si confronteranno con gli autori Dario Vassallo, fratello del Sindaco Pescatore e presidente della Fondazione Angelo Vassallo, e Vincenzo Iurillo, co-autore e giornalista de “Il Fatto Quotidiano”. La moderazione sarà affidata all’editor e agente letterario Gianluca Zanella. Tutto l’evento, accompagnato anche dalla diretta streaming, è promosso in sinergia con la Fondazione Angelo Vassallo Sindaco Pescatore. «No, non ho paura. Voglio vivere da uomo libero e spero di non morire cercando ancora la verità – si legge in un estratto del libro – Con la mia macchina ho percorso oltre 200.000 chilometri, che sommati a quelli percorsi con la macchina di mio suocero, a quelli fatti in treno e in aereo, a quelli compiuti da mio fratello Massimo, assommano sicuramente a più di un milione. Di questo milione di chilometri, ogni centimetro è servito per cercare la verità». IL LIBRO A 10 ANNI DALL’OMICIDIO. Da quel 5 settembre 2010, giorno in cui è stata strappata la vita ad Angelo Vassallo in un agguato ordito da menti criminali, anche la vita di Dario Vassallo e dei suoi familiari è cambiata per sempre. Dario non solo ha scritto il primo libro “Il sindaco pescatore” – da cui sono stati tratti uno spettacolo teatrale e una fiction televisiva che hanno toccato il cuore tutta l’Italia – ma con la Fondazione Angelo Vassallo ha percorso in lungo e in largo la nostra penisola, raccontando la vicenda umana e politica del fratello, generando ovunque una “grande onda” di commozione. A distanza di dieci anni da quel 5 settembre è stato dato alle stampe il nuovo libro “La verità negata”, con cui Dario Vassallo continua il suo faticoso percorso di ricerca della verità, di ricomposizione dei tasselli di un mosaico intricato, esponendosi in prima persona, non stancandosi mai di raccontare che un altro modo di fare politica è possibile, che si può essere virtuosi, coraggiosi, umani, come era Angelo. Dieci anni all’instancabile ricerca della verità raccontati dalla viva voce di Dario Vassallo, fratello del sindaco pescatore, che sacrificando la propria professione, sottraendo tempo ai propri affetti, ha percorso l’Italia in lungo e in largo, ha incontrato persone, ha scavato a piene mani nel torbido, restando spesso impantanato nel fango delle bugie, dei voltafaccia, dei tradimenti. In questo viaggio, con ostinata caparbietà, Dario, insieme al giornalista del Fatto Quotidiano Vincenzo Iurillo che ha seguito il caso dall’inizio, ha raccolto frammenti di verità, ha ricomposto i pezzi. “La Verità Negata” (edito da PaperFirst) vuole essere allo stesso tempo un diario e un atto di accusa, un prezioso documento storico e un muro della vergogna». Nel libro Dario Vassallo scrive: «Vincere non è certo cambiare il paese, non tocca a noi farlo, ma con la nostra azione siamo riusciti ad arrivare alla coscienza di milioni di italiani e, attraverso questa grande onda di legalità, arriveremo a chi ha ucciso Angelo. Vinceremo».... VIOLENZA DI GENERE ATTUALITA’ E PROSPETTIVENovembre 29, 2020costume e società / Formazione e Ricerca / legalita'L’ APPROFONDIMENTO DEL PROF. LUIGI IAVARONE. Oggi, 25 novembre, come è noto a tutti, ricorre la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. La data, scelta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), trae origine da un triste giorno per la società, in cui l’impegno civile di tre donne eroiche, le sorelle Mirabal, venne punito con la loro soppressione a opera del regime di Rafael Leonidas Trujillo(Truiglio), ex presidente della Repubblica Dominicana. La violenza di genere rappresenta una materia molto vasta, difficile e delicata per le gravi ricadute psico-fisiche ed esistenziali che la vittima presenta a seguito di comportamenti abbietti e riprovevoli: comparsa di stress, umiliazione, perdita di autostima, depressione. Le notizie di cronaca ci obbligano a prendere atto che la violenza, soprattutto contro le donne e le persone deboli e indifese, non è diminuita, anzi! L’idea comune che si ha è che sia poco frequente; si tende a non ammettere la gravità del fenomeno, a circoscriverlo in specifici ambienti sociali di degradazione e di ignoranza. Purtroppo, non è così. Non si limita a colpire persone di livello socio-culturale basso, ma è presente trasversalmente in tutti gli strati sociali: i dati sulla sua diffusione stanno lì a dimostrare il contrario. Sono numeri drammatici che devono far riflettere: a Roma, in soli 10 mesi 1.500 donne hanno denunciato violenze. Centocinquanta al mese. Cinque al giorno. Cifre impietose, rese ancor più impressionanti dalla pandemia che durante il lockdown ha fatto crescere ancora di più i reati che riguardano la sfera degli abusi in famiglia e ha triplicato il numero dei femminicidi (91 nell’arco di questi mesi). Secondo i dati forniti dall’ISTAT tra marzo e giugno 2020 il numero verde 1522, istituito dal Dipartimento delle Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio per sostenere e aiutare le vittime di violenza di genere e stalking, ha ricevuto 5.031 telefonate, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Le vittime che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%). In particolare per la nostra Regione, il tasso di incidenza passa dal 6,8 del 2019 al 12,4 dello stesso periodo del 2020, per la Toscana, dal 4,8 all’8,5 per 100 mila abitanti. Le chiamate motivate da una richiesta di aiuto per violenza subita ammontano a 1.543. Il 45,3% delle vittime ha manifestato paura per la propria incolumità o di morire; il 72,8% non denuncia il reato subito. Nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche, nel 64,1% si riportano anche casi di violenza assistita. Inoltre, necessita sottolineare che i fondi antiviolenza sono insufficienti e tardivi; infatti, a fronte di uno stanziamento di 132 milioni di euro, non sono ancora arrivate parte delle risorse delle Regioni del 2015 e i Centri antiviolenza e le Case rifugio sono in difficoltà per il personale dimezzato. Vorrei, a questo proposito, introdurre solo alcune riflessioni e, attraverso semplici concetti, riuscire possibilmente nell’ardua impresa di cogliere la misura e la pervasività del fenomeno. La prima riguarda le diverse e numerose dinamiche comportamentali messe in opera dal persecutore che sono tutte incentrate nel “servirsi” dell’altro, al fine di aumentare la soglia della propria autostima, convinto che l’altro possa risolvere i propri problemi esistenziali. Il fenomeno richiama simbolicamente il mito del cannibalismo magico e ritualistico, da ciò il titolo del mio intervento di oggi e preso a prestito dal libro “Stalking: Nuova forma di cannibalismo predatorio” scritto assieme alla dr.ssa Cristiana Macchiusi, magistrato, attualmente ispettore generale presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Ebbene, il carnefice nella sua devastante opera di distruzione morale, fisica e psichica della vittima ha un unico e preciso scopo: fagocitare ovvero assorbire le virtù di chi metaforicamente si mangia. Queste pulsioni cannibaliche richiamano la mancata capacità di affrontare e gestire il rapporto emotivo con l’altro. E’UN ANALFABETISMO EMOZIONALE che impedisce di comprendere i veri significati dell’esperienza umana: ALTRUISMO, GENEROSITA’, EMPATIA E PROSOCIALITA’. L’altra significativa riflessione è l’attuale crisi di valori della società, caratterizzata da egoismo sociale, centralità del consumismo e materialismo ideologico, dove l’oggetto governa il soggetto, ultimo anello di una catena che ha modificato sostanzialmente il nostro modo di vivere e di pensare. A ciò si aggiunga un disperato vuoto morale, che fa dell’abolizione dei limiti e della trasgressione alle regole, le uniche chiavi di felicità che gli esseri umani possano desiderare e sognare. Le ragioni storico-sociali che si pongono come cause o concorrono profondamente ad alimentare l’esistenza del fenomeno sono molteplici; ne cito una in particolare, perché mi sembra maggiormente idonea a focalizzare i comportamenti e le motivazioni che stanno alla base del fenomeno. L’affermarsi dell’autonomia femminile ha aperto numerose crepe nelle granitiche certezze del maschio. Perché si possa comprendere appieno, quanto ha inciso e quanti profondi cambiamenti ha prodotto nella società italiana l’emancipazione della donna, occorre soffermarsi sul “clima culturale” che caratterizzava la vita sociale premoderna fino alla prima metà del XX secolo. Rapporti sessuali ammessi solo nell’ambito della vita coniugale, matrimonio indissolubile, relazioni di genere nascoste e mal tollerate, asimmetria dei rapporti di potere. E’ solo dopo gli anni sessanta che è iniziato un diverso e tormentato cammino verso nuove forme di relazionalità e di socialità: la rivoluzione sessuale, la ricerca del benessere e della felicità dell’individuo, l’instabilità coniugale, il nuovo ruolo della donna nella società. L’assetto patriarcale e gerarchico è contestato e la figura ideale di angelo del focolare e madre e moglie esemplare viene a cessare, sostituita da una nuova fotografia di donna sempre più libera, indipendente e pienamente inserita nel mondo del lavoro. Il processo di emancipazione femminile ha generato profonde crisi identitarie; se oggi una donna è protagonista della propria vita affettiva, è economicamente autonoma ed è capace di procreare anche senza ricorrere all’intervento diretto di un uomo, obbliga ogni individuo di sesso maschile a trovare il coraggio di confrontarsi con se stesso e a chiedersi quale ruolo gli spetti. Tutto ciò colpisce nell’intimo l’orgoglio del maschio, incapace di gestire in maniera paritaria la propria sessualità e le proprie relazioni con l’universo femminile, vedendo in pericolo i valori androcentrici e i presupposti sui quali si fonda la sua pseudo virilità. In tale contesto di evoluzione sociale, dove l’uomo riveste un parte assolutamente marginale nella gestione della riproduzione, si può facilmente comprendere come il confronto paritario nei rapporti fra i sessi sia una scelta di rottura con il passato, ancora non pienamente accettata, tanto da produrre sovente momenti di vera ostilità. La complessa rete multifattoriale che avvolge questo genere di violenza è legata più a ragioni di carattere culturale che a forme di disagio psichico o a fanatismo religioso; fenomeno, quest’ultimo, nuovo e preoccupante per la sua diffusione e per l’insidioso spirito di emulazione che potrebbe innescare in soggetti particolarmente deboli e fragili. Da parte mia sono profondamente convito di una cosa è cioè del fatto che la società tutta è chiamata a impegnarsi verso la direzione di un progetto di umanità, o meglio di una umanità nuova, rinnovata, più compiuta, più all’altezza del momento storico in cui viviamo, entrando in una dinamica di dedizione e di cura dell’altro, in particolare dell’altro fragile, ferito, in cammino, in difficoltà. Solo così possiamo sperare in un mondo migliore, dove l’individuo riconosce se stesso e l’altro da sé in relazione all’educazione ricevuta, ovvero nel pieno riconoscimento dell’altro diverso da me ma uguale nella dignità e nel rispetto, in un vicendevole scambio di mutuo soccorso. Il moltiplicarsi dei casi di violenza a cui oggi assistiamo è direttamente correlato con la crisi delle relazioni interpersonali e più in generale con l’impennata dei fattori di vulnerabilità individuali e sociali che caratterizza l’attuale fase storica. Dobbiamo quindi iniziare a prendere coscienza e conoscenza del fenomeno, a vedere e a sentire le grida d’aiuto delle vittime. Perché si tende a negare che la violenza, nelle sue molteplici forme, esista. Purtroppo, la violenza soprattutto contro le donne diventa allarme sociale in occasione di eventi specifici, come lo stupro e quando comporta la morte della vittima. Si scatena una campagna di stampa effimera e superficiale con titoli a carattere cubitali e per un breve periodo si assiste a un risveglio delle nostre coscienze, dopo di che scema l’attenzione e apparentemente ritorna la calma, la rassicurante tranquillità quotidiana. Diversamente, sarebbe auspicabile e quindi fondamentale per una sana educazione civica e morale, orientare la comunicazione televisiva e di stampa verso forme di diffusione che esaltino il senso profondo del rispetto verso gli altri, per una vera dimensione identificativa dell’uomo. Di fronte alla gravità di un fenomeno che sta assumendo dimensioni sconcertanti, gli interventi a protezione delle persone che hanno subìto o subiscono violenze comportamentali e sessuali, perché abbiano successo, devono saper cogliere il profondo disagio interiore che tormenta la vittima, caduta in un abisso da cui sembra impossibile risalire. Perché si possa sviluppare una più incisiva prevenzione sul fenomeno della violenza è fondamentale porsi e rispondere a una serie di domande: che cosa spinge un marito, un amante, un compagno, un fidanzato a trasformarsi in aguzzino? E perché una donna al primo episodio di violenza non allontana da sé, per sempre, l’uomo che la minaccia ma gli resta accanto negando ai familiari, ai colleghi e agli amici, l’evidenza dei fatti? Cosa si fa per incoraggiare la vittima a rompere il silenzio e uscire allo scoperto, per denunciare l’abuso con convinzione ferma e con fiducia? Come si può intervenire per arginare questa spirale di violenza? Come si può prevenirla? La verità è che viviamo un momento storico in cui è in atto una vera e propria guerra contro i corpi e la dignità delle persone, uomini o donne che siano. La verità è che siamo volutamente distratti a raccogliere il grido di dolore e lo sguardo sul senso di solitudine, di frustrazione e di assordante silenzio che circonda le vittime. La verità è che necessita “ripristinare” l’antica regola a fondamento della quale c’è il rispetto di quella risorsa umana che chiamiamo persona. In una società indubbiamente in crisi, nella quale le persone sono deboli e fragili nella gestione delle dinamiche relazionali e in cui occasioni di violenza trovano terreno fertile, è difficile cogliere nuovi spazi e assetti comunicativi basati sul reciproco rispetto e sulla cura l’uno dell’altra. E’ in tutto questo, il senso del mio intervento. Un insieme di forti e vibranti richiami perché nessuno si abitui a essere indifferente a questo scempio e a scoprire, come insegna il grande maestro spirituale indiano Osho, il vero volto dell’Amore: Se ami saprai che tutto inizia e tutto finisce e che c’è un momento per l’inizio e un momento per la fine e questo non crea una ferita. Non rimani ferito, sai che quella stagione è finita. Non ti disperi, riesci a comprendere e ringrazi l’altro: “Mi hai dato tanti bei doni, mi hai donato nuove visioni della vita, hai aperto finestre nuove che non avrei mai scoperto da solo. Adesso è arrivato il momento di separarci, le nostre strade si dividono. Non con rabbia, non con risentimento, senza lamentele e con infinita gratitudine, con grande amore, con il cuore colmo di riconoscenza. Se sai come amare, saprai come separarti... L’AVVOCATO SANTI CERTO,SI APPELLA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:RIAPRIAMO L’ATTIVITA’GIUDIZIARIAGiugno 6, 2020home / legalita'Di redazione. L’avvocato del Foro di Barcellona P.G., Santi Certo, lancia un appello e scrive al Presidente Della Repubblica. Il legale interviene sul tema della riapertura della Giustizia. Nella nota indirizzata anche al Presidente del Consiglio Ministri ed al Ministro della Giustizia, chiede che la Giustizia, torni a svolgere il proprio fondamentale ruolo, cosi come previsto dalla Costituzione Italiana. Infatti, come rilevato dallo stesso legale, nel Tribunale di Barcellona P.G., è stata affissa la comunicazione: “severamente vietato accedere alle cancellerie” ed è stato predisposto un servizio front-office con accesso strettamente contingentato previo appuntamento telefonico (addirittura, alcuni servizi sono limitati a parte di singoli giorni della settimana).Ciò comporta non solo una serie di disagi per i professionisti che devono esercitare la professione, ma lede anche i diritti dei cittadini. Per esempio, spiega Certo, con i Tribunali chiusi, gli imputati permangono tali, con le relative conseguenze, Le persone offese dal reato ed i creditori in generale attendono, gli invalidi e gli anziani continuano ad auspicare il trattamento previdenziale. Nella nota l’avvocato rivolge anche un appello diretto: “affinché siano assunte le iniziative di competenza propedeutiche alla rimozione dei vincoli in atto sussistenti al regolare espletamento del servizio Giustizia, seppure compatibilmente con le attuali e concrete esigenze, di certo affievolite, di convivenza con il Covid-19, anche attraverso l’adozione di protocolli comportamentali adeguati all’attuale e concreta condizione epidemiologica. Al riguardo, invero, non si comprende quali ragioni impongano – ad oggi – la persistenza di misure restrittive che abbiano l’effetto di ridurre drasticamente l’attività giudiziaria, con il conseguente rinvio della trattazione di gran parte delle questioni processuali, nonché di rendere impervio l’espletamento delle più elementari attività difensive extra-udienza, come avviene, ad esempio, presso il Tribunale di Barcellona P.G., ove, assolutamente vietato accedere alle cancellerie, è predisposto un servizio front-office con accesso strettamente contingentato previo appuntamento telefonico. Sul punto, è divenuto realmente faticoso cogliere la compatibilità dell’attuale situazione della Giustizia con l’art. 6 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) in tema di equo processo. Ci si chiede, all’uopo, se realmente non sia possibile organizzare il servizio Giustizia in modo da renderlo compatibile con la condizione sanitaria attuale. D’altra parte, è ad oggi cessato il lockdown ed è stata diffusamente disposta la riapertura di gran parte delle attività economiche e sociali, le quali tuttavia, rischiano di ulteriormente subire gli effetti pregiudizievoli del drastico rallentamento dell’attività giudiziaria. Occorre, invero, ancor più nell’attuale momento di grave crisi, dare delle pronte risposte, ai creditori (persone fisiche o imprenditori/aziende) che attendono il riconoscimento ed il soddisfacimento del proprio diritto di credito, sia esso scaturente da contratto o da fatto illecito, agli imputati che, persistendo il carico pendente, subiscono le limitazioni connaturate al loro status di imputato, ed i quali, in caso di condanna “differita”, rischiano di non percepire il nobile senso rieducativo del percorso post poenam, agli anziani ed agli invalidi che attendono il riconoscimento del loro diritto al trattamento previdenziale, nonché a tutti coloro che, tornati ad una condizione di quasi normalità quotidiana, sono costretti ad attendere che essa quasi normalità possa compenetrare anche il servizio pubblico essenziale Giustizia.”... L’ASSISTENTE CAPO COORDINATORE ALESSANDRO MAGNO RICORDA IL COLLEGA MANCINIAprile 30, 2020costume e società / home / legalita'Di redazione. Il collega poliziotto ricorda Roberto Mancini, nell’anniversario della sua morte. L’ investigatore mori’ di tumore il 30 aprile 2014, dopo aver indagato per anni sui traffici dei rifiuti, che hanno avvelenato la terra campana, che va dal Garigliano al Vesuvio. In una nota diramata dal poliziotto, assistente capo coordinatore Alessandro Magno, si ricorda “la figura di Mancini, che aveva contratto la malattia, nell’indagine di mafia della “Terra dei Fuochi”. Magno, pubblica anche una foto inedita di Mancini, affinché rimanga scolpita nella memoria. “Mancini, eroe a sua insaputa – scrive Magno – ebbe il primato, dimostrato con forza e coraggio, d’indagare sull’ Ecomafia Italiana.Ho deciso di dedicargli questo post perché non ci sarà nessuna commemorazione per via della pandemia, che ha colpito la nostra Nazione. Roberto Mancini, insieme alla sua squadra, porto’ avanti il suo lavoro sperando in un paese migliore, combattendo con ogni mezzo le barbarie della Camorra e non solo. Sacrificò la sua stessa vita per questo ideale.La storia di Roberto è un esempio cristallino e intatto di lotta civica e di contrasto all’illegalità. La verità spaventa e toglie il respiro. Non è per tutti”....