giovedì, Marzo 28, 2024
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20 ANNI FA L’ADDIO ALLA VECCHIA LIRA

Di Redazione. Era il primo gennaio 2002 quando i cittadini di 12 paesi dell’Ue hanno toccato con mano per la prima volta le banconote e le monete in euro.

Il cambio di allora e l’emergenza

Allora il cambio fu fissato a 1936,27 lire per un euro, e forse sarebbe stato meglio ottenere condizioni più convenienti per l’Italia. Meglio, però, non significa possibile, viste le condizioni di estrema urgenza e difficoltà (l’attacco alla lira di George Soros, avvenuto anni prima, era un esempio sempre incombente) nelle quali il nostro Paese si trovava ormai endemicamente. Nell’euro l’Italia doveva entrare ad ogni costo, per evitare guai più grossi, per cui i negoziatori dovettero adattarsi a qualche compromesso.

La nuova moneta e l’economia reale

Diverso il discorso del governo e controllo successivo degli effetti che la nuova moneta avrebbe potuto avere, ed ebbe, sull’economia reale. Molti di noi ricordano, per esempio, la propria visita al mercato il due febbraio, per fare la spesa,  e si trovarono  a pagare un euro un chilo di pomodori che due giorni prima costava mille lire, cioè circa cinquanta centesimi di euro?

Svalutazione di fatto a ridurre il debito

Non fu distrazione, fu mero calcolo speculativo e mai dichiarata necessità di abbattere, con una fiammata inflattiva, il valore dello stock di debito pubblico che, tanto per cambiare, gravava sul Paese.

Molti a perdere ma il debito rimase

Il primo obiettivo fu facilmente raggiunto perché le fasce di cittadini che potevano adeguare i prezzi, e quindi i loro introiti, si arricchivano, mentre chi viveva di reddito fisso si vide decurtato, spesso della metà, il suo potere di acquisto. Il secondo obiettivo, l’abbattimento del debito, fallì miseramente perché, a parte il tentativo di creare un fondo di ammortamento mai decollato, la politica di allora continuò a spendere a piene mai, anche in euro, fino a portarci alla crisi finanziaria mondiale del 2007 in condizioni di estrema debolezza.

Meglio la vecchia ‘liretta’?

Ma allora sarebbe stato meglio tenerci la liretta? Assolutamente no, perché proprio il fatto di partecipare all’euro (con 19 Paesi europei e 340 milioni di cittadini) ci ha salvato da situazioni inimmaginabili. Il lavoro della Banca centrale europea ha parato con perspicacia gli attacchi che si erano scatenati sull’euro, perché certo faceva ombra a molti, e la fa tuttora, una moneta competitiva, la seconda al mondo, con la quale viene effettuata quasi la metà delle transazioni mondiali.

La BCE in attesa di Mario Draghi

Come sottacere, poi, il vantaggio sugli interessi pagati sul debito pubblico e privato?  Ci hanno guadagnato gli Stati più indebitati, Italia in primis, i privati (che per esempio hanno pagato interessi irrisori sui mutui casa), l’economia in generale. Una condizione favorita dalla BCE che specialmente sotto la guida di Mario Draghi (ricordiamo il “whatever it takes”, faremo qualsiasi cosa, tutto il possibile, pronunciato da lui a Londra) che spuntò le armi alla speculazione che si preparava ad intervenire in grande stile.

Stop svalutazioni competitive

Hanno dovuto ricredersi anche i fautori delle periodiche svalutazioni competitive della lira per favorire le esportazioni italiane. Queste infatti, nel ventennio in esame, sono quasi raddoppiate, da 300 a circa 500 miliardi di euro.

Immaginiamoci col Covid senza l’Euro

Visto che le disgrazie non finiscono mai, la pandemia del covid, gettando lo sconforto in tutto il mondo, ha colpito anche l’Italia e l’Europa, come sappiamo bene tutti. L’Italia, da sola,  avrebbe potuto fare ben poco. Oltre alla salute dei cittadini, stava per tracollare anche l’economia, con perdite del Pil di circa l’8%, nel 2020. L’Europa è intervenuta in forze e con tempestività. Oltre duecento miliardi stanno arrivando in Italia con il Next Generation EU, il cui piano esecutivo è in Italia il PNRR. (Antonio di Stefano – Remocontro).

 

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